L1/82 - TRISTEZZA
05 06 99
Se qualcuno, anche solo cinque anni fa, mi avesse fatto i discorsi che faccio io ora, lo avrei guardato con compassione e, se non avesse capito che era meglio desistere, gli avrei consigliato di cercarsi altri uditori. Che cosa mai ha potuto provocare il ribaltamento del mio modo di pensare? È stata la raggiunta certezza che la società del progresso ha riportato una grande vittoria sui “bisogni” ma non ha sconfitto la tristezza, anzi l’ha aumentata. Io vedo in giro abbondanza, divertimenti, raffinatezze, capricci, trasgressioni e libertà assoluta, ma non incontro mai persone felici con il cuore che trabocchi di gioia, la faccia serena e gli occhi dolci; al contrario, la gente non è mai contenta di niente, è sempre preda della noia e dello sconforto, è stanca di tutto, ansiosa, agitata, stressata; ricerca di continuo sensazioni nuove, ma, puntualmente, queste non la soddisfano e le recano nuovi dispiaceri. Ad un certo punto mi è sembrato di capire il perché! Il sistema consumistico dell’Occidente assomiglia ad un’enorme pentola nella quale si sono versati materia, corporeità, beni di consumo e similari in gran quantità e si sono scordati i valori dello spirito. L’aumento del livello della pentola in sé è un progresso, ma poiché il contenuto è un monogusto amaro, ovunque tu l’assaggi è insoddisfacente, come una torta senza sale e senza zucchero. La gente crede buono tutto ciò che le piace e che può avere, ma, scegliendo senza interpellare lo spirito, finisce per arrabbiarsi più volte al giorno ed essere perennemente insoddisfatta, proprio in mezzo all'abbondanza. Sembra impossibile che tanta opulenza non riesca a fare la felicità di nessuno, però, questa è la realtà. Da quando ho scoperto la potenza dello spirito non so più che cosa sia la noia e non ci sono quasi più fatti o persone che abbiano il potere di turbarmi; lo scorso anno, sommando tutte le ore sgradevoli vissute, ho ottenuto appena due giorni e mezzo; le rimanenti giornate sono state di gioia e di serenità. Inoltre ho capito che il lavoro e la fatica non sono una condanna, ma la condizione ideale per “stare bene”, ed ho trovato la pace scegliendo di fare proprio ciò che accade. Le persone che contano sullo spirito non hanno paura di faticare, studiare e lavorare; si istruiscono, diventano abili in tutto e non si lasciano ingannare o sfruttare da nessuno, rendendo così la vita impossibile ai furbi. Queste persone fanno lievitare attorno a loro un popolo di “vedenti”che solleva i “migliori” ai posti di responsabilità e li tiene sotto controllo, rendendo superflua l’esistenza del potere. Se il mondo vuol avere un futuro deve lasciare che il seme dello spirito fecondi le sue opere: allora genererà “creature sane”, altrimenti continuerà a farle nascere “cieche”.
L’uomo di successo, che ha raggiunto gli apici del raggiungibile, avrà chiuso da un pezzo questo libro con una smorfia di disappunto. A chi invece queste pagine abbiano insinuato il sospetto che lo spirito esiste, assicuro che è possibile vedere la propria felicità moltiplicarsi a dismisura.